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Serve davvero un ministro per l’AI?
L’11 settembre 2025 l’Albania ha nominato il primo ministro AI al mondo. Non una persona, ma un avatar chiamato Diella, incaricato della gestione degli appalti pubblici con la promessa di garantire trasparenza e meritocrazia. È un caso unico e altamente simbolico. Non è la stessa cosa che creare un ministero dedicato, anche se l’obiettivo resta quello di dare centralità politica all’AI. Ma serve davvero un ministro per una tecnologia?
Non è la prima volta
Non è la prima volta che i governi reagiscono all’emergere di una tecnologia creando figure istituzionali dedicate. Alla fine dell’Ottocento le ferrovie furono al centro di ministeri e direzioni generali in diversi paesi europei, poiché erano considerate l’infrastruttura strategica per l’unità nazionale e per lo sviluppo economico. Negli anni Trenta e Quaranta lo sviluppo dell’aviazione civile portò alla nascita di enti nazionali e ministeri specifici, con il compito di regolamentare sicurezza e rotte. Negli anni Cinquanta e Sessanta la diffusione della televisione spinse i governi a creare autorità e commissioni ad hoc, spesso con un forte controllo politico sul mezzo. Ancora prima, la telefonia aveva visto la nascita di dicasteri e aziende pubbliche dedicate, spesso centralizzate, con l’obiettivo di garantire copertura nazionale. Ogni volta la logica era la stessa, l’avvento di ogni nuova tecnologia veniva percepita come strategica e quindi meritava una struttura istituzionale dedicata.
Benefici e limiti di queste scelte
Queste esperienze hanno avuto risultati contrastanti.
Nel caso delle ferrovie, un ministero dedicato permise una rapida espansione della rete e la standardizzazione delle regole, accelerando l’integrazione economica.
L’aviazione civile beneficiò di un coordinamento centrale nella fase iniziale, ma dovette presto adattarsi a logiche internazionali e multilaterali che un singolo ministero non poteva governare. Una dinamica che ricorda da vicino lo scenario dell’AI, dove la regolazione nazionale deve fare i conti con standard e piattaforme globali.
Per la televisione, il controllo ministeriale garantì ordine nella fase di diffusione, ma rallentò l’innovazione e accentuò la concentrazione del potere mediatico.
Nelle telecomunicazioni, il monopolio pubblico e la gestione ministeriale assicurarono capillarità, ma ritardarono la liberalizzazione e l’apertura ai servizi innovativi.
La lezione sembra chiara, attivare un ministero dedicato può servire nella fase di costruzione e regolazione iniziale, ma rischia di diventare un freno quando la tecnologia matura ed entra in tutti i settori.
L’AI come ministero o come competenza trasversale
Qui sta il punto critico. L’AI non è un settore specifico come le ferrovie o l’aviazione. È una tecnologia trasversale che tocca giustizia, sanità, istruzione, finanza, sicurezza, infrastrutture. Creare un ministro AI può avere valore simbolico e politico, ma difficilmente garantisce un governo efficace. Le decisioni sull’AI dovranno comunque attraversare ogni ministero, e la sfida è integrare le competenze, non isolarle.
Cosa fanno gli altri paesi
Gli Emirati Arabi Uniti hanno nominato già nel 2017 un ministro per l’AI, all’interno di un dicastero più ampio su economia digitale e lavoro a distanza. Dal 2026 un sistema nazionale di AI diventerà persino membro consultivo del Gabinetto.
L’Italia nel 2025 ha approvato la prima legge quadro europea sull’uso dell’AI, con un organismo interministeriale e un osservatorio nazionale. Non un ministro, ma una struttura trasversale.
Francia e India hanno puntato su coalizioni internazionali e task force, senza creare figure ministeriali autonome.
L’Albania, con Diella, ha scelto la strada più radicale creando un avatar con funzioni pubbliche. Non è paragonabile alla creazione di un ministero dedicato, ma resta un’operazione dal forte valore simbolico più che una politica di sistema.
Le lesson learned
Guardando alla storia, le scelte ministeriali dedicate hanno funzionato quando la tecnologia era circoscrivibile a un’infrastruttura ben definita. Hanno invece mostrato i loro limiti quando la tecnologia era destinata a permeare la società in modo diffuso. L’AI appartiene chiaramente a questa seconda categoria. Un ministro AI può sembrare una svolta epocale, ma rischia di essere un approccio troppo tecnologia-centrico. La storia insegna che un ministero dedicato funziona solo nella fase di avvio di un settore, non quando la tecnologia diventa pervasiva. L’AI non è un comparto da governare con un dicastero isolato, è un’infrastruttura cognitiva che attraversa tutti i settori. La vera governance non sta nella nomina di un avatar ministro, ma nella capacità di rendere l’AI una competenza diffusa in ogni politica pubblica dalla giustizia alla sanità, dall’istruzione al fisco. Se i governi non impareranno da queste lezioni che ci offre la storia, rischiano di ripetere errori già visti, con ministeri vetrina incapaci di incidere davvero e con tempo e risorse sprecati.