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Quando i Large Language Model diventano orchestratori di dati
I modelli generativi, fino a oggi utilizzati principalmente per chatbot e contenuti testuali, stanno iniziando a integrarsi in modo più profondo nei processi di orchestrazione dei dati. La possibilità di impiegarli come agenti intelligenti nelle pipeline di analytics è in fase iniziale, ma sta rapidamente evolvendo, come dimostrano i primi esperimenti di integrazione operativa. Con implicazioni rilevanti per la strategia dati, il ruolo umano e la sicurezza.
LLM che mappano, interpretano e semplificano i dati
I Large Language Model, opportunamente configurati, sono in grado di analizzare dataset strutturati e non strutturati per suggerire corrispondenze, inferenze semantiche, anomalie. Questo rende possibile automatizzare task oggi manuali come la mappatura tra campi, l’unificazione di schemi o la documentazione delle pipeline.
Startup come Mozart Data hanno già integrato GPT-4 per permettere query assistite in linguaggio naturale all’interno di ambienti SQL. Altri esempi:
Databricks Assistant consente di generare codice PySpark da prompt naturali e supporta l’analisi di dati grezzi con suggerimenti automatici.
Snowflake Cortex introduce modelli generativi direttamente nel data cloud per potenziare funzioni di trasformazione e insight.
LangChain e LlamaIndex offrono framework per costruire agenti LLM in grado di interrogare e orchestrare fonti dati in tempo reale.
BigQuery + Vertex AI su Google Cloud supporta oggi interazioni LLM-based con dati tabellari attraverso connettori già attivi.
Ma attenzione poiché gli LLM restano deboli in ambiti puramente numerici e logico-matematici. Come confermato dall’AI Index 2025 di Stanford, nonostante i progressi nel reasoning, gli LLM restano poco affidabili su problemi logici strutturati, calcoli numerici e inferenze quantitative complesse.
Pipeline più intelligenti, ma più complesse
L’integrazione con i workflow ETL/ELT non è plug-and-play. Serve un layer intermedio che faccia da ponte tra il prompt in linguaggio naturale e l'esecuzione sicura della trasformazione. In questo contesto gli LLM non sostituiscono le pipeline classiche, ma le aumentano. Forniscono suggerimenti, automatizzano documentazione, facilitano esplorazione e test.
Secondo l’AI Index Report 2025 di Stanford, l’adozione di AI generativa in azienda è passata dal 33% al 71% in un solo anno, evidenziando una transizione da fase sperimentale a operativa.
Un rischio da tenere sotto controllo
Se un modello AI può interrogare fonti diverse, suggerire join e trasformazioni, quali garanzie abbiamo che non acceda o propaghi dati sensibili?
Il tema del data leakage va affrontato in fase progettuale. Secondo un sondaggio congiunto tra Stanford University e Accenture, il rischio percepito legato a privacy e data leakage è tra quelli cresciuti di più nel 2025, specialmente nei contesti enterprise dove gli LLM hanno accesso a silos informativi eterogenei
Mascheramento dei dati, tracciamento dei prompt e limitazione dei privilegi di accesso sono pratiche necessarie per ridurre l’esposizione, senza rinunciare al potenziale esplorativo dei modelli.
Il nuovo ruolo del data engineer: da costruttore a supervisore
In questo scenario, anche il ruolo umano cambia. Il data engineer non è più solo chi scrive pipeline, ma chi ne guida l’automazione. Progetta prompt, supervisiona l’output dei modelli, seleziona i suggerimenti utili e filtra quelli rischiosi.
Secondo uno studio della Harvard Business School, citato anche nello AI Index 2025, i knowledge worker che riescono a valutare e correggere l’output dell’AI migliorano sensibilmente le proprie performance rispetto a colleghi più esperti ma meno adattivi. Il nuovo vantaggio competitivo non sarà sapere “come fare tutto”, ma “come farsi aiutare bene”.
Un trend appena cominciato
L’interesse per l’AI generativa sta accelerando anche nel mondo dei dati strutturati. Nel 2024, secondo lo AI Index 2025, gli investimenti privati in AI generativa hanno raggiunto i 33,9 miliardi di dollari, con una crescita annua del +18,7%. Ma ciò che conta non è solo quanto si investe, bensì dove. Se nel 2022 dominavano gli use case creativi (testo, immagini, video), oggi le aziende cercano strumenti per automatizzare analisi, costruire interfacce naturali ai dati e integrare LLM nei workflow di business intelligence. Gartner e IDC segnalano l’emergere di una nuova categoria di AI-powered data agents in grado di unificare silos, ridurre il time to insight e alleggerire il carico sulle divisioni tecniche. L’adozione operativa è ancora parziale, ma la direzione chiara è quella di rendere i dati non solo accessibili ma interrogabili.
Conclusione
L’automazione promessa dagli LLM non è fantascienza, ma nemmeno un miracolo plug and play. Non basta aggiungere un modello a valle della pipeline per ottenere valore, serve piuttosto un disegno strategico, consapevolezza dei limiti del modello e un presidio costante da parte di figure umane competenti.
In questo equilibrio tra controllo e delega si gioca la vera sfida. È usare gli LLM non per rimpiazzare gli esperti ma per amplificarne la portata. Chi saprà governare questo nuovo strato semantico tra API, prompt, permessi e output validati non solo migliorerà l'efficienza, ma potrà finalmente costruire piattaforme dati davvero intelligenti e non semplicemente automatizzate.