Quando l’AI diventa un collega

Introduzione: la stessa ricerca, due prospettive

Qualche giorno fa, sono stati pubblicati i risultati di un interessante esperimento di Harvard e Procter & Gamble sul ruolo dell’AI generativa (GPT-4) nel lavoro di squadra. Si tratta di 776 professionisti impegnati in veri progetti di sviluppo prodotto, divisi in gruppi con o senza AI.
L’AI porta benefici enormi, persino quando si lavora da soli. Ma al di là dei risultati che confermano l’efficacia dell’AI, quali implicazioni ci sono per la gestione dei dati e la data strategy? È qui che ci piacerebbe concentrare l’attenzione.

Recap sintetico della ricerca

  • Solista + AI batte un team senza AI.

  • Team + AI produce soluzioni di qualità ancora più alta e in meno tempo.

  • Le barriere tra funzioni (es. R&D vs. Commercial) si attenuano, perché l’AI fornisce spunti cross-disciplinari.

  • I partecipanti sentono meno stress e più energia quando hanno l’AI “al fianco”.

E se i dati non fossero “in ordine”?

Queste evidenze sono illuminanti, ma che succede se i dati aziendali (o i flussi di marketing e R&D) non sono governati a dovere? L’AI vive di prompt e di contesto. Se i dati sono dispersi, duplicati o senza autorizzazioni chiare, il rischio è di:

  1. Produrre shadow data: esportazioni in CSV per “farli digerire” all’AI, magari caricandoli in ambienti esterni poco sicuri.

  2. Violazioni di privacy: se non sai quali dati finiscono nei prompt, potresti incorrere in leak di info sensibili.

  3. Ridurre l’efficacia dell’AI: con dati frammentati, l’AI non riesce a fornire insight consistenti, vanificando il vantaggio “team virtuale”.

Data Strategy: come integrare l’AI “compagno di squadra”

  1. Catalogo & Data Ops

    • Prima di introdurre GenAI, assicurati che i flussi di dati siano mappati: da dove provengono, chi li usa, con quali regole. È un passaggio essenziale per monitorare come l’AI accede ai sistemi (CRM, marketing automation, pipeline R&D).

  2. Controllo versioni, logging, security

    • Un DataOps maturo prevede pipeline che monitorano la qualità e la sicurezza dei dataset. Se un dipendente “inventa” un export per l’AI, l’azienda deve rilevare subito l’anomalia.

  3. Prompt per progetti reali

    • Come suggerito, la formazione dev’essere “pratica” e tarata sui workflow concreti. Meglio creare prompt library (es. “AI, genera concept R&D e check marketing viability”) col giusto livello di contesto e di sicurezza.

  4. Policy di sicurezza

    • Stabilire subito regole su quali info NON vanno inserite nei prompt (dati di clienti, info riservate su prodotti in lancio ecc.). L’AI è potente, ma a volte si porta dietro il rischio di esposizione di contenuti.

  5. Team ibridi (umani + AI)

    • Infine, i risultati su “un solista+AI” che rende quasi come un team umano sono impressionanti. Ma spesso la differenza la fa la consapevolezza: serve un’“AI champion” interno, che regoli chiari passaggi (es. “io fornisco l’analisi di mercato, tu validi i dati con l’AI”).

AI adoption e data readiness

I benefici descritti nella ricerca non emergono nel vuoto: se i tuoi processi di data governance e data operations sono deboli, rischi di frenare l’AI “compagna di squadra”.

  • all’AI che abbatte silos funzionali e potenzia l’innovazione,

  • Ma prepara l’infrastruttura dati: mappatura, logging, sicurezza, formazione.

La ricerca mostra quanto sia già possibile fare con l’AI in termini di performance e team satisfaction. Qui il punto è: tuo compito, come data leader, è creare un ecosistema in cui l’AI possa davvero esprimersi, senza shadow data e con metriche chiare di governance. Solo così l’AI smette di essere un “effetto wow” e diventa un vero compagno che fa crescere (e proteggere) il valore dell’azienda.