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Prevedere il Papa con i grafi
Anche se l’attenzione mediatica attorno all’evento è scemata, vale la pena tornare su una notizia che ha accompagnato l’elezione papale del 7 maggio. Non tanto per commentare l’evento, ma per riflettere su un caso esemplare di applicazione della data science in un contesto particolare. La notizia ha fatto il giro dei media rapidamente. Un team di ricerca della Bocconi avrebbe “previsto” l’elezione del nuovo Papa grazie all’analisi delle reti tra i cardinali. Il lavoro si basa su una ricerca pubblicata dall’Università Bocconi e illustrata nel comunicato ufficiale dell’11 aprile 2025. Un’intervista di approfondimento con il professor Giuseppe Soda è stata pubblicata su LaRepubblica. Il modello si sarebbe basato su tecniche di network analysis applicate alla struttura organizzativa e relazionale della Chiesa cattolica. E in effetti, il nome uscito dal Conclave coincide con quello che il grafo mostrava al centro della rete: Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV. Il risultato è affascinante. Ma prima di prendere per buona l’idea che i grafi possano prevedere scelte umane complesse, conviene interrogarsi su cosa abbiamo davvero osservato. Non per smentire il metodo, ma per leggerlo con la dovuta chiarezza.
La rete è reale, ma non dice tutto
Secondo quanto comunicato dalla stessa Bocconi, la rete analizzata è stata costruita a partire da fonti pubbliche e istituzionali: partecipazioni a congregazioni, incarichi nella Curia, nomine precedenti. A questi dati si sono aggiunti alcuni elementi di legame informale, ricavati da fonti giornalistiche autorevoli. Si tratta quindi di un tentativo ragionato di mappare le connessioni tra i cardinali. Ma per quanto il metodo sia trasparente, resta il fatto che stiamo osservando relazioni visibili, non necessariamente quelle decisive. È difficile sapere se la partecipazione a uno stesso dicastero generi davvero una relazione significativa, o se due figure collegate formalmente condividano davvero un vincolo di fiducia o alleanza. Le dinamiche reali del consenso, specialmente in ambienti chiusi, si costruiscono spesso su piani non osservabili. Detto questo, è corretto riconoscere che l’analisi non pretendeva di mappare l’intera complessità relazionale, ma di costruire un modello strutturale partendo da fonti solide e documentabili. In questo senso, la rete è una rappresentazione possibile, con un metodo chiaro. Non è arbitraria, ma resta parziale.
Il valore della previsione è legato alla sua ripetibilità
Il fatto che il modello abbia individuato al centro della rete il nome poi eletto è stato presentato come un risultato notevole. Ma anche qui conviene fare un passo indietro. Perché una previsione abbia un valore scientifico, deve poter essere testata, eventualmente smentita, e replicata su altri casi. Nel caso del Conclave, siamo di fronte a un evento unico, con circa 120 elettori, senza dati diretti sui comportamenti individuali, e senza la possibilità di osservare l’effettivo processo decisionale. Non ci sono altri “conclavi simili” su cui testare il modello. Questo non invalida lo studio, ma impone di leggerlo per quello che è ovvero un’interpretazione post-evento di una struttura che ha prodotto un risultato coerente, non una previsione nel senso tecnico del termine. Ad onor del vero va riconosciuto, però, che i ricercatori non hanno mai affermato di poter predire il futuro. Lo stesso professor Giuseppe Soda ha dichiarato che l’obiettivo era comprendere le condizioni relazionali che rendono alcuni attori più centrali nel sistema. La previsione, quindi, è stata un effetto collaterale del modello, non il suo obiettivo esplicito.
Il rischio è confondere la struttura con la sostanza
Il valore dell’analisi delle reti è indubbio. Aiuta a visualizzare schemi, rapporti, posizioni relative. Ma la centralità strutturale non implica necessariamente influenza reale. In ambienti come il Conclave, dove contano anche la politica, il carisma personale, gli orientamenti teologici, i compromessi geopolitici e le dinamiche informali, la posizione in un grafo racconta una parte della storia, non tutta. Detto questo, ignorare la dimensione strutturale sarebbe un errore opposto. Il contributo di uno studio come questo è proprio quello di proporre una lettura sistematica dove normalmente si procede per ipotesi vaghe o narrative intuitive. Il punto, semmai, è evitare che questa lettura venga scambiata per una spiegazione definitiva.
Conclusione
L’analisi dei grafi non ha previsto il Papa. Ha descritto una struttura in cui il nome poi scelto risultava centrale. Questo è un risultato interessante, ma va trattato con la cautela che si deve a tutti i modelli costruiti su eventi unici, dati parziali e contesti opachi. Chi lavora con i dati ha il dovere di difendere il rigore. E questo significa anche saper distinguere quando un modello spiega e quando, semplicemente, organizza bene una storia già nota.