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Perché i dati proprietari contano più dei modelli

Negli ultimi tre anni l’intelligenza artificiale generativa è stata descritta come il nuovo motore del vantaggio competitivo e, in molti casi, come una possibile forza di democratizzazione tra aziende grandi e piccole. L’accesso ai modelli sembrava sufficiente per colmare differenze di competenze, accelerare l’innovazione e aprire scenari prima inimmaginabili. È un racconto potente, ma non completo e con il passare dei mesi è emerso un fatto molto semplice. L’AI non crea valore in automatico, ma amplifica ciò che trova e lo fa in proporzione alla qualità del contesto informativo in cui viene applicata. Il vero vantaggio competitivo non risiede nella tecnologia che tutti possono acquistare (storia che si ripete), bensì nei dati proprietari che pochi possono replicare.

L’illusione dell’accesso come vantaggio

Nella prima fase dell’adozione dell’AI generativa è prevalsa l’idea che l’accesso ai modelli fosse di per sé un differenziatore. Le aziende iniziavano a sperimentare, producevano contenuti, automatizzavano attività a basso valore e in molti casi osservavano benefici immediati. Tuttavia questa dinamica è durata poco e i modelli erano gli stessi per tutti e addestrati sugli stessi dati pubblici, con il risultato che molte organizzazioni producevano output quasi identici. Gartner, già nel 2024, osservava come l’adozione di modelli generali tendesse a creare “AI parity”, riducendo le differenze competitive tra aziende che utilizzano strumenti simili. È stato necessario uno sguardo più ampio per capire cosa distingue chi trae valore dall’AI da chi ottiene solo un miglioramento superficiale. Le analisi congiunte di McKinsey e MIT Sloan (Global AI Survey, 2024-2025) mostrano che oltre il settanta per cento del valore economico generato dall’AI deriva da dati proprietari, strutture informative coerenti e processi interni ben definiti, non dal modello in sé. Quando la tecnologia è accessibile a tutti, il vantaggio non può essere nella tecnologia. Può trovarsi solo nei dati esclusivi di cui ciascuna azienda dispone.

Perché i dati proprietari generano valore

Un modello generativo può produrre analisi sofisticate soltanto se trova una base informativa coerente, aggiornata e radicata nella realtà operativa dell’azienda. I dati proprietari rappresentano ciò che nessun concorrente può copiare ovvero i comportamenti dei clienti, segnali operativi, pattern transazionali, logiche decisionali interne, variabili specifiche del settore e della storia aziendale. Queste informazioni costituiscono il contesto in cui l’AI può realmente interpretare ciò che vede. La Stanford HAI Foundation (AI Index Report 2025) sottolinea come il valore dei modelli derivi sempre più da ciò che chiamano “data grounding”, ovvero la capacità di ancorare l’AI a dati unici e verificabili. Senza questo ancoraggio l’AI può generare risposte convincenti ma non affidabili, amplificando rumore anziché insight.

La parte che molti ignorano

Molte aziende credono di avere una data strategy solo perché conservano grandi quantità di informazioni o perché dispongono di strumenti avanzati. Ma la quantità non è qualità e i problemi di base sono spesso gli stessi come ad esempio le metriche che cambiano da reparto a reparto, definizioni incoerenti, dati duplicati, workflow non documentati e pipeline fragili. Il MIT Center for Information Systems Research, in uno studio del 2023, mostrava che solo il diciotto per cento delle aziende europee può definirsi “data mature”, ovvero capace di utilizzare i dati in modo stabile e ripetibile nei processi decisionali. In ambienti così incoerenti l’AI può produrre output, ma non può garantire continuità, affidabilità o scalabilità. L’apparente immediatezza dei modelli nasconde il rischio più grande, quello di trasformare imperfezioni operative in verità numeriche difficili da contestare una volta prodotte con un linguaggio fluido e autorevole. La debolezza non è nella tecnologia, ma nella cultura aziendale che governa i dati. La maturità informativa è un fatto prima organizzativo che tecnico.

Proprietary data strategy non significa raccogliere più dati

Una strategia dei dati efficace non coincide con un accumulo indiscriminato di informazioni. Significa identificare quali dati hanno un valore reale per il business, strutturarli in modo coerente, definire responsabilità e controlli chiari, documentare i processi e costruire un patrimonio informativo che l’AI possa interpretare senza ambiguità. Harvard Business Review, già nel 2020, spiegava che la differenza tra aziende che estraggono valore dai dati e aziende che li accumulano inutilmente sta nella capacità di creare contesto, non nella quantità degli input raccolti. Il contesto non è un accessorio ma è ciò che permette all’AI di collegare le informazioni in modo significativo. Senza contesto l’AI può analizzare miliardi di righe, ma non può sapere cosa sia prioritario, quali vincoli normativi esistano o quali modifiche operative siano state introdotte la settimana precedente.

La differenza che farà la differenza

Le imprese che costruiranno una base dati proprietaria e strutturata saranno le uniche in grado di tradurre l’AI in valore distintivo e durevole. Tutte le altre otterranno output generici, indistinguibili da quelli dei concorrenti. L’AI non riduce le differenze tra le organizzazioni ma le amplifica, amplificando la maturità dove già esiste e amplificando la confusione dove invece manca una strategia di fondo. La conseguenza è sempre più chiara nelle analisi di settore e le aziende che investono nella data governance ottengono ritorni fino a quattro volte maggiori rispetto a quelle che investono solo nella tecnologia, secondo McKinsey Analytics. La trasformazione non nasce dall’adozione del modello, ma dalla preparazione del terreno in cui quel modello deve funzionare. Le aziende tendono a guardare all’AI come tecnologia, ma la variabile che determina il valore è culturale. Le organizzazioni che hanno una cultura decisionale basata su metriche condivise, responsabilità definite e processi misurabili ottengono risultati superiori anche senza modelli sofisticati. L’AI amplifica ciò che trova e questo vale per la tecnologia, ma vale ancora di più per la cultura.

Conclusione

L’AI generativa non rende tutte le aziende simili. Rende più evidente ciò che già le differenzia, perché non amplifica la tecnologia ma amplifica il contesto informativo su cui la tecnologia opera. Il vantaggio non nasce dall’accesso ai modelli ma dalla qualità dei dati proprietari che l’AI utilizza per interpretare la realtà dell’organizzazione. È un vantaggio che non può essere comprato e che solo poche aziende stanno costruendo con disciplina, metodo e visione.