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Essere o non essere... sostenibili
Una mia studentessa sta lavorando a una tesi che affronta una questione centrale per chi si occupa di strategia, dati e comunicazione, ovvero comprendere quanto è allineata la percezione del pubblico con la sostenibilità dichiarata dai brand? La domanda nasce da una curiosità concreta. Oggi la sostenibilità si comunica, si misura, si promette. Ma quanto viene davvero compresa? E quanto è coerente la relazione tra ciò che un’azienda afferma e ciò che il pubblico crede?
Un approccio misurabile
L’impostazione metodologica del lavoro combina analisi qualitativa e quantitativa. I contenuti pubblicati sui canali social dei brand vengono raccolti e classificati per data, caption, tipo di contenuto e rilevanza ESG. Si misurano indicatori come l’engagement rate, il comment-to-like ratio, la percentuale di contenuti ESG sul totale, la loro distribuzione nel tempo e l’efficacia rispetto agli altri contenuti pubblicati. Il tutto viene elaborato con Python, con un doppio obiettivo: 1.) confrontare i comportamenti dei brand tra loro e 2.) verificare l’allineamento tra identità dichiarata e percezione effettiva da parte del pubblico.
Quando l’immagine non coincide con l’identità
La distinzione tra brand identity (ciò che il brand dichiara) e brand image (ciò che il pubblico percepisce) è ben nota in ambito accademico, ma raramente viene affrontata in modo data-driven. Qui invece è proprio il dato a rendere visibile l’allineamento o la distanza. Se i contenuti ESG pubblicati ottengono meno interazioni rispetto ad altri, il problema non è necessariamente il tema, ma il modo in cui viene raccontato. Se i commenti sono distaccati, ironici o rari, è un segnale di debole risonanza. Se le parole chiave ricorrenti nei post non trovano eco nei commenti o generano scetticismo, è un segnale di scarsa credibilità percepita.
I numeri confermano il trend
A livello globale, la fiducia nella comunicazione ESG è in calo. Secondo il Sustainability Sector Index 2023 di Kantar, solo il 24% dei consumatori dichiara di fidarsi delle affermazioni di sostenibilità fatte dai brand. Il Trust Barometer 2024 di Edelman aggiunge che il 59% degli intervistati ritiene che molte aziende usino la sostenibilità più come strumento di marketing che come impegno reale. Nel lavoro di ricerca citato, però, non ci si affida a opinioni. Si parte da comportamenti osservabili, tracciabili, comparabili. In altre parole, da dati.
Un’opportunità di miglioramento concreto
Il punto non è evitare di comunicare la sostenibilità, ma farlo in modo più consapevole, coerente e monitorato. Serve capire quali contenuti funzionano davvero, quali vengono percepiti come rilevanti, e quali invece rischiano di sembrare “greenwashing narrativo”. Misurare è il primo passo. Sperimentare, adattare, iterare sono quelli successivi. Per chi lavora nel marketing, nella strategia dati o nella content strategy, non è un esercizio di stile. È una leva concreta per evitare sprechi, costruire fiducia e ridurre la distanza tra ciò che il brand vuole dire e ciò che viene effettivamente compreso.
Conclusione
Comunicare la sostenibilità oggi non basta. Bisogna renderla leggibile, comprensibile, dimostrabile. E l’unico modo per farlo davvero è partire dai dati. L’analisi dei dati consente di misurare l’impatto reale delle azioni, capire se i messaggi raggiungono il pubblico giusto, correggere la comunicazione quando genera incomprensione, confrontarsi con i competitor e prevenire il greenwashing. I numeri, se usati bene, aiutano a costruire credibilità, a differenziarsi e a trasformare ogni dichiarazione in un impegno verificabile. Allo stesso tempo, ci sono scelte operative che fanno la differenza. Essere trasparenti, supportare i contenuti con evidenze concrete, coinvolgere il pubblico, mantenere coerenza tra le parole e le azioni, attivare collaborazioni credibili, e procedere con tutto quello che riesce ridurre la distanza tra ciò che il brand vuole dire e ciò che viene davvero percepito. Essere sostenibili e sembrare sostenibili non sono la stessa cosa. E il divario tra le due dimensioni non si chiude con una buona narrazione. Si chiude con metodo, ascolto e una strategia data-driven.