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Cyber Insurance in Italia. Che cosa copre (davvero) e come i dati possono fare la differenza
Gli attacchi informatici non colpiscono più solo le grandi multinazionali: in Italia, anche PMI e startup subiscono ransomware, furto di dati e downtime dei sistemi. Secondo il Rapporto Clusit 2025, a livello globale gli attacchi informatici di gravità elevata sono cresciuti del +27,4% nell’ultimo anno. In Italia, pur se la crescita si ferma al +15,2%, rimaniamo tra i Paesi più colpiti, con il 10% degli incidenti noti a livello mondiale, un dato sproporzionato rispetto al nostro peso economico e demografico. Settori come Manufacturing, Healthcare e Gov rimangono molto esposti agli attacchi (fonte Clusit), mostrando che nessuna realtà è immune, dalle piccole fabbriche ai grandi enti pubblici. È in questo contesto che le polizze cyber si stanno ritagliando un ruolo sempre più visibile, promettendo una copertura economica contro i danni provocati dagli hacker.
Ma come funziona sul serio una polizza cyber? E, soprattutto, perché la vera chiave non è la sola polizza, ma come l’azienda gestisce i propri dati e i propri processi?
Lo scenario italiano: tante promesse, poca chiarezza
Alcune compagnie si sono mosse in modo attivo – da startup, specializzata in polizze cyber personalizzate per PMI e professionisti, fino a big del settore assicurativo che propongono “pacchetti cyber” nel loro catalogo. L’ultimo rapporto CLUSIT, infatti, mostra che negli ultimi cinque anni gli incidenti cyber noti in Italia sono più che raddoppiati. Nel 2024 sono stati rilevati 357 attacchi di particolare gravità contro aziende e istituzioni italiane, con un incremento del +15,2% rispetto all’anno precedente, eppure il tasso di adozione delle polizze resta basso: meno del 10% delle aziende ne possiede una, a fronte di un rischio in costante aumento.
Perché esita il mercato?
Termini poco chiari: molte polizze non esplicitano bene le condizioni di copertura, lasciando “buchi” su alcuni ambiti come es. phishing o social engineering.
Scarsa cultura: tante PMI credono di essere “troppo piccole” per essere bersaglio, o non sanno come valutare adeguatamente la polizza.
Costi e requisiti: alcune soluzioni pretendono un livello minimo di sicurezza interna (firewall, backup testati, MFA), altrimenti scattano franchigie elevate.
Cosa copre (in teoria) una polizza cyber
In un contesto dove il Rapporto Clusit rileva che quasi l’80% degli attacchi finisce per avere conseguenze “high” o “critical”, le polizze cercano di offrire un paracadute per i danni più seri che vanno dal ripristino dei sistemi ai risarcimenti verso terzi. Le polizze più comuni presenti sul mercato includono:
Responsabilità verso terzi: se un data breach colpisce i dati di clienti o partner, copre eventuali risarcimenti e sanzioni GDPR.
Danni diretti: costi di ripristino di sistemi e backup, consulenze tecniche e legali.
Interruzione di attività: risarcimento per downtime e mancati ricavi.
Spese reputazionali: piani di comunicazione e PR per contenere l’effetto mediatico.
In pratica, ogni compagnia può variare massimali, franchigie ed esclusioni: alcune, ad esempio, non rimborsano se la falla derivava da negligenza (es. patch scadute da mesi). Ecco perché è cruciale capire bene cosa si sta comprando.
Dati e processi: il vero ago della bilancia
Una polizza cyber non può (e non deve) sostituire la prevenzione. Ecco perché molte soluzioni assicurative sono ora abbinate a un assessment o un servizio di monitoraggio continuo.
Ad esempio, un’azienda potrebbe adottare un tool di data risk monitoring, come LUXEVIEW, che scandaglia in tempo reale i movimenti di dati personali fra CRM, piattaforme di marketing e terze parti, segnalando anomalie e riducendo la possibilità di “shadow data”. Più la tua postura è solida (mappatura dei flussi, cifratura, log d’accesso, controlli periodici), più la compagnia assicurativa è disposta ad abbassare il premio o ad alzare il massimale.
Il caso pratico: come funziona un piano assicurativo “su misura”
Un esempio? Helmon propone polizze cyber personalizzate che partono da un questionario di autovalutazione, integrato con eventuali report di sicurezza realizzati da un partner. Se l’azienda dimostra di avere implementato sistemi di backup offline e di formare i dipendenti sul phishing, può ottenere un premio agevolato.
In caso di incidente, il cliente può usufruire di un servizio di pronto intervento (IT forensics, avvocati, PR) e un rimborso dei costi di ripristino. Se, però, si scopre che alcune misure dichiarate (backup, MFA) non erano realmente operative, la polizza potrebbe ridurre la copertura o applicare una franchigia maggiorata.
Consigli pratici prima di sottoscrivere una polizza cyber
Valutare la propria postura: hai un inventario chiaro dei dati sensibili? Hai testato davvero i tuoi backup? Fai patching costante?
Controllare esclusioni e franchigie: alcune polizze non coprono errori umani (es. phishing) se l’azienda non ha fatto corsi di formazione. Altre non includono costi di PR o sanzioni GDPR.
Integrare la polizza con un servizio di prevenzione: check periodici, vulnerability assessment, data monitoring (es. un tool che segnala in tempo reale esportazioni di dati sensibili).
Coinvolgere il team legale e IT: la sottoscrizione non è una formalità; capire bene i limiti contrattuali e le responsabilità di ciascuno (CIO, DPO, marketing manager, ecc.).
Verso un ecosistema più maturo
Il mercato italiano delle polizze cyber è in evoluzione: da un lato crescono attacchi e consapevolezza, dall’altro restano incertezze su costi e garanzie. L’approccio vincente, secondo le esperienze di player specializzati e i nuovi trend Insurtech, è collegare la polizza a un reale percorso di governance dei dati, con procedure documentate e strumenti efficaci di controllo.
Visto che, stando al Rapporto Clusit, in Italia permane un’elevata incidenza di attacchi gravi (alcuni mesi del 2024 hanno superato i 30+ incidenti noti), è evidente che l’assicurazione da sola non basta. Occorrono processi di monitoraggio costante, formazione del personale e integrazione fra tool di sicurezza e polizze mirate.
In definitiva, l’assicurazione cyber non è un “lasciapassare” per dormire tranquilli, ma un tassello di una strategia più ampia: se i dati sono mappati, monitorati e i dipendenti formati, la compagnia assicurativa avrà più fiducia. E tu potrai godere di un premio ragionevole e di una copertura realmente utile in caso di emergenza.
Non adagiatevi su una “polizza cyber” se non c’è a monte una data strategy seria. L’innovazione parte sempre dalla gestione responsabile dei dati e dai processi, il resto è solo (costosa) apparenza.